FUORI E DENTRO




FUORI
Piazze gigantesche, aule,corridoi. Sembra che ogni spazio che abbiamo fino a ora immaginato sia sbagliato, ingestibile, irrazionale.Una città pensata per altri esseri viventi.
I marciapiedi sembrano troppo stretti per ripararci dal respiro degli altri e per reggere l'attesa delle code a un piede di distanza. Nei negozi si deve entrare con le idee chiarissime per non subire la fucilazione di sguardi delle persone in attesa. I ristoranti e i bar sono i luoghi dell'ansia così come i parchi in cui ci fingiamo sportivi di lungo corso, per superare incolumi i check point di polizia e carabinieri.
I cinema e i teatri, a lungo desiderati, saranno i luoghi della diffidenza in cui nemmeno il buio della sala riuscirà a farci smettere di sospettare della tosse della ragazza in terza fila.
Abbiamo piazze grandi che possiamo riempire con il contagocce, stadi che saranno a porte chiuse ancora per molto e chiese in cui si scansa il segno della pace.
Siamo stati banditi mascherati, per mesi in cerca solo di beni di prima necessità, assetati di consegne a domicilio e ora che ci aprono le porte siamo animali spaventati, in cerca di un distributore di disinfettante e perseguitati da lentissimi passanti che non devono più giustificare la loro presenza.
Le città sono ormai così sbagliate che dovranno essere abbandonate dunque? Lo scenario post apocalittico si svolgerà con tutti i crismi e torneremo a vivere in piccole comunità mentre i nostri grattacieli saranno avvolti da piante e le strade popolate da animali in libertà?
Non penso proprio ma occorrerà una nuova pianificazione dei luoghi delle comunità per permettere un ritorno alla socialità o una rivoluzione dell' interazione umana.



DENTRO
Certamente la prima reazione alla negazione degli spazi esterni è stata la creazione di spazi interni. Niente di profondo, intendiamoci, lì dentro è forse solo peggiorata la situazione.
La mia abitazione, ad esempio è cambiata. Senza alcun indugio ho trasformato ogni angolo della mia casa-rifugio in uno spazio funzionale. Senza masticare feng shui e disprezzando Marie Kondo, ho fatto come fanno tutti i carcerati: ho appeso un padre Pio e una foto di famiglia. :P
In realtà non è stato così ma di cambiamenti ne ho fatti.
L'ingresso, ormai inutile, è diventato una piccola palestra con cyclette e pesi e anche l'armadio è stato riconvertito a dispensa di guerra con il suo carico di carta igienica e pomodori pelati.
Nella stanza da letto, ho ricavato un angolo per il lavoro. Un carrello porta vivande è diventata la mia scrivania e l'armadio uno scenario posticcio (adesso se ci penso anche grottesco), per il simulacro di quello che chiamavamo scuola.
Non mi lamento, questo per certo, sicura dei blablabla che tu una casa ce l'hai...
Mi guardo solo intorno e davvero non me lo sarei immaginato un luogo così in cui "abitare", un insieme di spazi modificato e posseduto da ogni esigenza giornaliera.
Dove non sembro più io la persona che ci vive.

Cfr: "Casa Tomada" di Julio Cortazar (Testo in italiano qui)











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